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Calvino, Giovanni.

(in francese Jean Calvin). Riformatore religioso francese. Figlio di Gérard Cauvin, procuratore del capitolo e segretario del vescovo di Noyon, e secondo di sei fratelli, C. poté completare senza alcuna difficoltà dal punto di vista economico la propria istruzione. Grazie infatti alle alte relazioni paterne, nel 1521, quando aveva soltanto undici anni, ottenne un beneficio ecclesiastico al quale se ne aggiunsero successivamente altri. Nel 1523 entrò al Collège de la Marche, alla Sorbona di Parigi, dove fu allievo del grande latinista Mathurius Cordier, studiando inoltre teologia. Conseguita la laurea nel 1528, si recò a Orléans dove si perfezionò in giurisprudenza e studiò il greco, avendo come insegnante il luterano Melchior Wolmar. Trasferitosi a Bourges l'anno seguente, entrò a far parte del circolo degli umanisti e la morte del padre, nel maggio 1531, lo lasciò libero di scegliere la propria strada. Conseguito il dottorato in Legge si stabilì a Parigi dove nell'aprile 1532 pubblicò il suo primo libro, un commento all'opera De clementia di Seneca, dal quale traspare, oltre all'ottima conoscenza della letteratura classica, anche una certa dose di moderazione nel carattere. Venendo a contatto con gli ambienti riformati, andava maturando il processo religioso che non tardò a portarlo fuori dal cattolicesimo. Nel 1532 gli venne attribuita la paternità di un discorso pronunciato dall'amico Nicolas Cop, rettore dell'università di Parigi, nel quale si faceva presente l'opportunità di operare un rinnovamento evangelico della Chiesa. C., in tal modo compromesso apertamente per via della sua fede, fu costretto a lasciare la capitale. A quell'epoca aveva ormai completamente aderito alla Riforma (abiurò nel 1533) rinunciando ai suoi benefici ecclesiastici e, dopo essere passato per varie città, nel 1534 lasciò la Francia e si rifugiò a Basilea, dove pubblicò un'opera di divulgazione religiosa: Christianae religionis institutio (1536), tradotta poi in francese con il titolo Institution chrétienne, che si affermò come il nuovo manifesto della Riforma e che era destinato a diventare, nella sua forma definitiva, uno dei più grandi testi religiosi di tutti i tempi. Successivamente si recò in Italia, e nel marzo-aprile 1536 soggiornò a Ferrara, ospite della duchessa Renata di Francia. Grazie all'editto di Lione, poté ritornare in Francia per sistemare i propri affari a Parigi. Soggiornò poi a Strasburgo e nel suo viaggio di ritorno verso l'Italia fece tappa a Ginevra, dove la borghesia cittadina aveva da poco abbattuto il governo vescovile e accettato la Riforma e dove fu indotto dal teologo Guillaume Farel, già seguace di Zwingli, a fermarsi, accettando di insegnare le Sacre Scritture, oltre che di consolidarvi in generale l'opera riformatrice. Insieme con Farel iniziò un'intensa attività di dibattito. Nel gennaio 1537 presentò una confessione di fede che si occupava del problema della disciplina e alcune proposte per una riorganizzazione ecclesiastica. La rigida disciplina che egli mirava a instaurare non mancò di incontrare resistenze da parte della borghesia ginevrina e nel 1538, insieme con Farel, venne espulso dalla città per aver respinto la liturgia bernese, accettata invece dal consiglio ginevrino. Si trasferì a Strasburgo, città in cui la Riforma aveva già saldamente preso piede, dove rimase sino al 1541. Questi anni si rivelarono per C. molto fruttuosi, sia sul piano teorico che su quello delle acquisizioni pratiche, grazie agli scambi avuti coi riformatori alsaziani, soprattutto con Martin Butzer, data la compattezza della congregazione di cui era divenuto pastore. Molto intensa fu anche l'attività letteraria di questo periodo. Colpito dai canti della sua congregazione, le dedicò Aulcuns psaulmes et cantiques mys en chant (1539) e da questo momento il canto dei salmi, sviluppato su musiche assai sobrie, divenne un segno distintivo del calvinismo. Tra i suoi scritti, particolarmente importante fu il Trattatello sull'ultima cena di nostro Signore Gesù Cristo (1540), nel quale si sforzò di trovare un equilibrio tra le tesi di Lutero e quelle di Zwingli. Nell'agosto 1540 si sposò con Idelette de Bure, vedova di un anabattista e madre di due figli. Frattanto, la sua autorità era andata notevolmente crescendo negli ambienti internazionali della Riforma, grazie anche alla sua partecipazione ai colloqui tra cattolici e protestanti di Francoforte (1539, in occasione del quale conobbe Melantone), Worms (1540) e Ratisbona (1541). A Ginevra, dopo la vittoria del partito dei guillermins, C. fu richiamato dal Consiglio cittadino. Dopo non poche tergiversazioni, nel settembre 1541 si risolse a ritornare, rimanendo poi nella città per oltre 20 anni, impegnato attivamente nella riorganizzazione della Chiesa. Ormai investito di grande autorità e in pratica riconosciuto come la personalità dominante, poco dopo il suo ritorno presentò al Consiglio un progetto di riforma, le Ordonnances ecclésiastiques (20 novembre 1541), impegnandosi poi nell'attuazione del suo modello politico-religioso. Il nuovo assetto costituzionale da lui conferito alla città era una dimostrazione indubbia della sua abilità politica. Basandosi su un ideale di rinnovata teocrazia, egli fece in modo di sottoporre l'intera vita pubblica alla più severa disciplina religiosa. Supremo garante di questo ordine venne investito il Concistoro, composto in maggioranza di laici anziani. Questi venivano nominati dai magistrati e, pur essendo il Concistoro un tribunale ecclesiastico, composto oltre che dagli anziani anche dai pastori, C. stabilì che esso fosse presieduto da uno dei quattro sindaci della città. Inoltre il Consiglio non cedette alcuna delle sue prerogative in materia di nomina degli insegnanti e di giurisdizione sul matrimonio e sui reati civili. Pertanto, il predominio della religione sulla politica non si traduceva nel potere di una casta sacerdotale, ma anzi erano i pastori, ai quali del resto erano demandate le sole funzioni della predicazione e della somministrazione dei sacramenti (Battesimo e Cena), che avevano l'obbligo di accettare il controllo delle autorità politico-ecclesiastiche. Inoltre, la dottrina della predestinazione lo portava ad attribuire un valore di divina missione a tutte le attività umane, impostando una nuova etica del lavoro che rovesciava quella cattolica tradizionale e che era destinata ad avere una grande influenza sulla trasformazione economica e politica della società europea. Nel 1542 pubblicò la Forme des prières et chants ecclésiastiques e un nuovo catechismo in latino e in francese. Consapevole del valore della cultura, invitò a Ginevra in qualità di docenti uomini di grande valore quali Mathurin Cordier e Sébastian Castellion, adoperandosi affinché, sull'esempio di Strasburgo, anche Ginevra potesse vantare un'accademia o università calvinista. Questa fu fondata nel 1559, affidata alla direzione di Teodoro Beza e sottoposta allo stretto controllo della teocrazia locale (l'Accademia teologica). Naturalmente non gli mancarono i nemici e continuò a incontrare numerose resistenze, mentre i vecchi gruppi di potere si servivano della religione come di uno strumento per fini essenzialmente politici. La città era dominata dal Concistoro, organo politico-religioso, autorizzato a inquisire sull'ortodossia di ogni singolo cittadino, col diritto di infliggere anche la pena di morte. In tal modo, l'opposizione, rappresentata dai cosiddetti "libertini", fu ridotta al silenzio con la forza, nonostante ciò avesse alimentato accese polemiche. Nel 1553, lo spagnolo Michele Serveto fu arrestato e condannato al rogo per aver attaccato l'Institutio di C. che ormai era il capo riconosciuto della città di Ginevra, da dove partivano per ogni luogo d'Europa predicatori incaricati di diffonderne la dottrina e dove si rifugiavano seguaci della Riforma provenienti da ogni parte d'Europa. La vittoria sui libertini assicurò a C. il definitivo controllo della città, ma allo stesso tempo lo pose irrimediabilmente in contrasto con i sostenitori della tolleranza religiosa, tra cui figurava il Castellion, espulso dall'Accademia e da Ginevra nel 1544. Col continuo afflusso di emigranti, soprattutto francesi, Ginevra divenne la roccaforte del protestantesimo, ma non certamente la patria del costituzionalismo. Infatti, nonostante il fatto che in un'epoca in cui cominciavano ad affermarsi le monarchie assolute il calvinismo contenesse in nuce il principio del controllo popolare e del diritto all'opposizione, il governo costituito da C. a Ginevra si affermò come una tipica teocrazia od oligarchia, costituita dal clero e dalla nobiltà, anche se egli si opponeva per principio a una combinazione di Stato e Chiesa. Proprio questa era stata la ragione che lo aveva portato al distacco dalla riforma di Zwingli a Zurigo. Comunque, egli non pose limiti al diritto-dovere dell'autorità statale di costringere al culto esteriore, pur ribadendo l'antico concetto cristiano che la fede genuina non può essere imposta. Inoltre, l'intransigenza religiosa con cui il Concistoro dominò la città era anche dovuta alle non poche minacce esterne, per cui l'intolleranza in materia religiosa costituiva la maggiore salvaguardia per la difesa dell'indipendenza di Ginevra. Durante gli ultimi anni della sua vita, C. poté dedicarsi alla risistemazione delle sue opere, oltre che alla stesura di nuove. Nel 1559 uscì l'edizione definitiva dell'Institutio, in ottanta capitoli, definita la Summa theologica dei protestanti. Le sue opere complete furono edite in 59 volumi tra il 1863 e il 1900 (per il pensiero V. CALVINISMO) (Noyon, Piccardia 1509 - Ginevra 1564).